La memoria del cuore: tracce di vite passate in trapianti e trasfusioni

.....forse ogni parte del corpo ha un suo modo di ricordare, anche quando quel corpo arriva da qualcun altro.

Esistono memorie che pensiamo risiedano solo nella mente, tra ricordi e rimpianti, ma forse ogni parte del corpo ha un suo modo di ricordare, anche quando quel corpo arriva da qualcun altro. È un’idea affascinante e al tempo stesso inquietante, ma sempre più presente nei racconti di chi ha vissuto un trapianto o ha ricevuto una trasfusione di sangue e ha avvertito piccoli o grandi cambiamenti interiori, come se un’altra vita si fosse intrecciata con la propria.

In A Change of Heart di Claire Sylvia, una delle testimonianze più celebri e approfondite su questo fenomeno, l’autrice racconta come, dopo un trapianto di cuore e polmoni, si sentisse cambiata. Claire, una donna di 47 anni, iniziò a desiderare cibi come birra e pollo fritto, di cui prima non si curava. Scoprì poi che il donatore era un giovane motociclista, appassionato proprio di quei gusti. Oltre alle preferenze alimentari, Sylvia sentiva anche una nuova audacia, un impulso a vivere più intensamente, quasi come se una parte della personalità del giovane fosse rimasta nel cuore ricevuto.

Anche The Heart's Code di Paul Pearsall raccoglie storie simili. Pearsall, neurologo e autore hawaiano, esplora le esperienze di chi ha subito trapianti d’organo o ricevuto sangue donato e si è ritrovato a cambiare gusti, abitudini e persino inclinazioni musicali. Pearsall racconta di un paziente che, dopo una trasfusione, ha iniziato a interessarsi al jazz, un genere che non aveva mai ascoltato prima. Indagando, scoprì che il donatore del sangue era un appassionato di musica jazz.

Non mancano riferimenti anche nella letteratura italiana: in Cuori trapiantati di Ilaria Rodella e Il dono del cuore di Mario D’Aquino, vengono riportate testimonianze di pazienti italiani che, dopo un trapianto, si sentono come se una parte del donatore vivesse ancora dentro di loro. Alcuni parlano di cambiamenti inspiegabili nelle loro abitudini o nei loro sogni, come se una memoria invisibile, estranea, li guidasse.

L'idea che organi e sangue trasportino una forma di “memoria cellulare” non è ancora dimostrata scientificamente, ma gli studi sull'epigenetica sembrano fornire spunti interessanti. Le cellule possiedono “marcatori epigenetici”, frammenti di esperienze passate che rimangono inscritti nel DNA come una sorta di archivio biologico. Anche se queste "memorie" non sono coscienti, possono trasmettere tracce di esperienze e risposte vissute in precedenza, che potrebbero in parte spiegare questi cambiamenti di personalità nei riceventi.

Il tema della memoria del donatore non si limita ai trapianti di organi, ma tocca anche le trasfusioni di sangue. Anche se meno frequenti, i casi riportati non mancano: in Il sangue delle storie di Federica Tuzzi, l'autrice esplora le testimonianze di chi ha ricevuto sangue e ha percepito improvvisi cambiamenti. Un uomo, ad esempio, racconta di aver iniziato a preferire determinati cibi dopo una trasfusione, cibi che non gli piacevano prima, e una donna ha parlato di un nuovo e improvviso interesse per la pittura, scoperto solo dopo aver ricevuto una trasfusione da un donatore che, ironicamente, era un pittore dilettante.

Che si tratti di suggestione o realtà, queste storie aprono uno spiraglio su un mondo sconosciuto: forse, ogni organo ha una sua memoria e, in un certo senso, il nostro corpo conserva tracce di chi siamo stati, ma anche di chi siamo diventati grazie a chi ci ha donato una parte di sé.